<strong>Bartolomeo Montagna</strong>, <em>San Prosdocimo e San Massimo</em>, inizio del XVI secolo<br />
Padova, Palazzo Vescovile, Salone dei Vescovi

Bartolomeo Montagna, San Prosdocimo e San Massimo, inizio del XVI secolo
Padova, Palazzo Vescovile, Salone dei Vescovi

Il Museo

La storia
Nel 1973 viene istituito il  Museo Diocesano d’Arte Sacra San Gregorio Barbarigo, con il compito della conservazione e valorizzazione culturale delle opere d’arte esistenti nella Diocesi di Padova e appartenenti a Enti o fondazioni religiose: si trattava di un primo embrione di museo, aperto al pubblico solo su richiesta.
L’attuale Museo Diocesano di Padova nasce nel 2000 grazie ai contributi stanziati dallo Stato in vista dell’anno giubilare, che hanno reso possibile il recupero di alcuni ambienti del Palazzo Vescovile e il loro riutilizzo come sede espositiva rendendoli accessibili al pubblico.
Si estende su una superficie di oltre 2000 metri quadrati, comprendenti il grande Salone dei Vescovi al piano nobile, le salette attigue sul lato est e l’ala meridionale, edificata al tempo del vescovo Francesco Pisani (1524-1567), già sede degli appartamenti vescovili. Il percorso museale comprende inoltre la sala San Gregorio Barbarigo al piano sottostante e il piano terra del palazzo, ex cantina voltata su pilastri oggi destinata alle esposizioni temporanee.

Il palazzo vescovile
L'edificio che ospita il Museo presenta una struttura complessa e articolata, a causa dei numerosi interventi  succedutisi nel tempo.
Le origini del Palazzo, come testimonia un’iscrizione ancor oggi conservata, risalgono all’anno 1309 quando il vescovo Pagano della Torre fece costruire un nuovo complesso, più a nord rispetto alla sede preesistente, dotandolo già di un’ampia aula di rappresentanza. Nel corso del XIV secolo alcuni interventi modificarono ed ampliarono il palazzo, ma solo nel XV secolo, grazie al rinnovamento voluto dai vescovi Pietro Donato, Iacopo Zeno e Pietro Barozzi, gli edifici medievali furono trasformati in una residenza rinascimentale e assunsero nel tempo la caratterizzazione architettonica ed artistica mantenuta ancor oggi:  un edificio cubico, al cui piano nobile è situato un ampio salone, forse in origine chiuso da una copertura a carena di nave, simile a quella del Palazzo della Ragione. Responsabile del completamento del salone e della sua straordinaria decorazione fu il vescovo Pietro Barozzi (1487-1507), uomo colto e dai molteplici interessi umanistici e scientifici, oltre che attento pastore della sua diocesi. Egli commissionò a Bartolomeo Montagna (1449/50-1523), pittore vicentino attivo nel territorio, la decorazione delle pareti della sala del trono, con i ritratti dei primi cento Vescovi di Padova, a iniziare da Prosdocimo, primo diffusore del Cristianesimo in terra veneta, fino al committente stesso. Nel monumentale Salone i Vescovi tenevano udienza, ricevevano le autorità e radunavano il clero diocesano: lo facevano alla “presenza silenziosa” dei Vescovi che li avevano preceduti, raffigurati nei ritratti sulle pareti della sala, testimoni di una tradizione cristiana millenaria. Con il vescovo Giorgio Corner (1697-1723) viene completata la decorazione delle pareti del salone, con la prosecuzione dei ritratti dei vescovi inseriti in una finta architettura dipinta, insieme ad allegorie delle Virtù. L’impianto decorativo è tipico del gusto di fine Seicento e lo stile potrebbe riferirsi al pittore padovano Giulio Cirello, attivo in città fino al 1709. L’attuale soffitto, che sostituisce quello originario dell’epoca di Barozzi distrutto da una tromba d’aria, risale al 1759 e presenta al centro lo stemma di papa Clemente XIII, al secolo Carlo Rezzonico, che fu vescovo di Padova dal 1743 al 1758. Dopo la caduta della repubblica di Venezia (1797) e l’occupazione francese si rese necessario un intervento di restauro del salone, promosso dal vescovo Francesco Scipione Dondi dell’Orologio (1807-1819). Questi fece inserire, ai lati della porta di accesso  un affresco staccato con il ritratto di Francesco Petrarca, proveniente dalla casa padovana del poeta, e una Madonna con Bambino,  a mosaico, di metà Quattrocento, portata in Vescovado dopo la demolizione della chiesa di San Giobbe in Padova, nel 1810. Nei secoli XIX e XX il Salone dei Vescovi andò incontro ad un progressivo degrado, e solo con l’ultimo restauro ultimato nel 2006 è stato possibile recuperare gli affreschi in tutto il loro splendore e restituire a Padova uno dei più prestigiosi ambienti di rappresentanza della città.

La Cappella di Santa Maria degli Angeli

Inserita nel percorso museale, la Cappella di Santa Maria degli Angeli, situata sul lato nord-orientale del Salone, fu costruita nel 1495 per volere del vescovo Pietro Barozzi nell’ambito della ristrutturazione rinascimentale del vescovado. La direzione dei lavori fu affidata a Lorenzo da Bologna, il più importante architetto attivo a Padova in quel periodo, e la decorazione ad affresco fu eseguita da Prospero da Piazzola e Jacopo da Montagnana. Gli affreschi, eseguiti secondo un programma iconografico incentrato sul Credo degli Apostoli, dettato dal Vescovo stesso, costituiscono nel loro complesso una manifestazione per immagini della teologia della Salvezza, fondata sulla redenzione di Cristo e sulla apostolicità della Chiesa. Fulcro del piccolo ma suggestivo spazio della cappella è il trittico dipinto da Jacopo da Montagnana, collocato nell’abside e raffigurante l’Annunciazione, affiancata dagli arcangeli Michele e Raffaele.

La Sala San Gregorio Barbarigo
Situata al primo piano del Palazzo la sala San Gregorio Barbarigo, secondo la denominazione odierna, era anticamente chiamata “tinello dei dottori”: qui infatti il vescovo, esercitando il ruolo di cancelliere dell’Università, conferiva le lauree agli studenti. Oggi l’aspetto della sala risente di una sistemazione di fine Ottocento, che ha raccolto sulle pareti stemmi, busti e iscrizioni provenienti dai diversi ambienti del palazzo, tuttavia sono ancora ben visibili le tracce della decorazione quattrocentesca affidata da Pietro Barozzi a Jacopo da Montagnana e ai suoi collaboratori. Si tratta del soffitto a cassettoni, dipinto a rosoni e arricchito da una serie di medaglioni con ritratti di imperatori romani, che corrono lungo le pareti perimetrali e sulle travi, e dell’affresco sulla parete di fondo, raffigurante la Resurrezione di Cristo, probabilmente parte di una decorazione più ampia ora perduta. In questa sala sono periodicamente esposti alcuni manoscritti e incunaboli della Biblioteca Capitolare.

orari apertura

 

tutti i giorni (festivi compresi)
ore 10.00 | 13.00
ore 14.00 | 18.00
chiuso: lunedì mattina

 

a servizio
dei visitatori


lungo il percorso
del Museo
sono disponibili
alcuni QR code
con la
introduione generale
e la descrizione audio
in cinque lingue
delle principali
opere esposte
 


Palazzo Vescovile, Salone dei Vescovi<br />

Palazzo Vescovile, Salone dei Vescovi